Il tempo senza sorriso

Sembra una nuova avventura. Oggi ha addirittura il sapore di una sfida. Ore 7:20 del mattino di una grigia giornata di novembre. Sola nella carrozza del treno, viaggio verso Napoli.

Ho dormito male e la testa fa fatica a trovare silenzio. Tutti i numeri dei contagi, la gente che protesta, il dolore di chi vede le attività e i sacrifici diventare inutili. Il grande Gigi Proietti che saluta il palcoscenico della vita con un inchino beffardo nel giorno del suo compleanno mentre la sua città si rabbuia. Intanto Trump litiga con Biden per una manciata di voti. Pochi stati ancora da scrutinare li separano dalla presidenza del Paese per tutti simbolo di libertà.

Rifletto su questo. Mi guardo. Ragiono su quella “diversa” e “imparagonabile” nostra libertà perduta nel quotidiano. Sembra un ricordo quasi dimenticato, fare cose semplici senza dover pensare…

E così, super protetta, distanziata e consapevole delle minacce intorno a me, vado comunque a trovare la mia famiglia. In realtà, le più grandi minacce le sento dentro, in questa mescolanza di emozioni contrastanti che provo guardando le cose che cambiano.

Il mondo “mascherato” cerca di trovare un modo per gestire la pandemia che ha fatto diventare la nostra vita davvero sospesa. Costretti ad una sorprendente e inaspettata lentezza, ci muoviamo goffi e impacciati come fossimo caduti dall’alto in un pianeta inospitale e respingente. La velocità delle nostre giornate è un ricordo sbiadito e fa i conti con il vuoto interiore che cresce ogni minuto di più e comincia a lasciare ferite profonde.

Rifletto e comincio a tornare indietro nel tempo a quando tutto era permesso. Oggi sarei in una carrozza affollata piena di voci incuranti dell’altro che parlano al telefono ad alta voce. Sfiorerei mille persone in una stazione disordinata e cercherei riparo in uno sguardo o in un sorriso d’intesa con qualche passante distratto. Nonostante l’elettricità negativa della quotidianità, mi manca… mi manca il sapore della brioche e del cappuccino di un bar qualunque. Mi manca l’idea di poter cenare allegra con un’amica e mi manca la leggerezza delle piccole cose che da normali diventano ogni giorno sempre più straordinarie.

Che strano! Non credo di essere l’unica a fare questi pensieri. Ho nostalgia di cose che davo per scontato nella mia vita. E non credo proprio di essere la sola!

Vorrei urlare, ribellarmi, esplodere di rabbia… ma, in realtà, sono ferma. E, mentre il mio treno va, io resto seduta immobile a guardare le immagini dal finestrino che raccontano una pagina sbiadita e senza colori ma necessaria della mia esistenza.

Ci viene chiesta prudenza e maggiore controllo e mi sento di poter e dover condividere tutto questo, ma nella la mia testa rifletto su quello che accade intorno a noi. Tutto sembra sciatto, sbagliato e privo di energia vitale. Mancano i progetti, le promesse, i desideri e le speranze. I pensieri si rincorrono senza organizzazione e il risultato è caotico e privo di profondità. Niente parla del domani. Tutto è nell’oggi e nel momento stesso che accade. Mi sento, come accade ad altri… smarrita. Perduta nella mia piccola vita, ho paura di non poter più mantenere le promesse che ho fatto a me stessa e a mia figlia.

Però quello che mi atterrisce di più è che il mondo non sorride. Non può più farlo. La protezione sulla bocca leva espressione al volto e nasconde l’unico vero modo di entrare in empatia con gli altri. Tutti sono più distanti e allo stesso tempo soli. Guardano l’altro con sospetto e promettono a sé stessi invincibilità mentre la modernità perde la sua partita con il futuro.

C’è grande aggressività negli occhi delle persone mescolata al coraggio di combattere. Stanchezza per scelte e strategie politiche che spiegano come gli uomini falliscono, s’inebriano di successo e mortificano la nostra intelligenza con considerazioni approssimative mentre è evidente che appare sfiancata oramai da tante promesse contraddittorie.

Non so se avere più paura o curiosità per quello che sto osservando. Non conosco quello che vivo. Nessuno sa e ha capito di che cosa si tratti. L’invisibilità del virus leva il volto a chi dobbiamo annientare. E quella stessa invisibilità s’insinua ogni giorno dentro di noi, nelle pieghe della nostra vita, e racconta di milioni di persone nel mondo che combattono una battaglia in perfetta solitudine. Nessuno si sente parte di una visione comune. Ognuno viaggia al proprio passo che può permettersi, ma senza meta. Alla fine, molti avranno vinto la partita e altri no. Tutto qui!

Eppure credevamo di essere arrivati in cima. Nelle vette di chi la vita la conosce e la può gestire. Invece, questo tempo senza sorriso restituisce impotenza e ci leva il controllo della situazione. Ci impedisce di sognare e fare festa se serve! Quella stessa festa che tutti vorrebbero organizzare per mandare via il 2020. L’anno scellerato e irragionevole che ha levato a tutti qualcosa. L’anno complicato che non ha aggiunto e migliorato nulla e nessuno.

Forse un giorno scopriremo che è stato indispensabile per capire il domani, ma intanto sembra solo senza senso e colori. Un anno che, letto così, emotiva/mente ha rappresentato un tempo maledettamente perso… e per giunta, senza sorriso!

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